venerdì 3 febbraio 2012

Vittorio Cane - Palazzi [Innabilis/New Model Label]

La scorsa settimana ero allo Spazio 211 per un’iniziativa a sostegno del mensile Il Mucchio e scambiando quattro chiacchiere con Matteo Castellano sui cantautori della “bohème” mi fa: “ È lui il numero uno”. Il tono non era di falsa modestia, ma di sincera stima verso un artista che è anche un amico. Nella folla del cortiletto adibito alle elucubrazioni di fini pensatori e accaniti fumatori scorgo Vittorio Cane, che quella sera si esibiva insieme a Castellano, Stefano Amen, Farmer Sea, Perturbazione, Marco Notari, Stearica, Verlaine e altri nomi più o meno noti del panorama musicale cittadino (e non solo). L’impressione che ti dà dal vivo è la stessa che hai ascoltando i suoi dischi: ossia di un tipo alla buona, che nelle canzoni dice quello che pensa con spontaneità, tratteggiando situazioni quotidianie che appartengono alla vita di tutti. Leggevo che non leggiamo tanto perché abbiamo voglia di leggere, ma perché cerchiamo esperienze. Bè, credo che questo valga anche per la canzone d’autore, e Vittorio Cane ha il pregio di far vivere attraverso la sua musica esperienze a cui siamo sempre meno abituati: l’umanità, la normalità e la bellezza delle piccole cose. Certo, rispetto all’omonimo disco d’esordio del 2005 e al successivo Secondo, in Palazzi troviamo un artista più maturo e sicuro di sé, ma la sostanza non cambia. Eppure in questi anni il cantautore si è esibito in tutta Italia arrivando a calcare il main-stage di Traffic in apertura a Nick Cave, alcuni suoi brani sono passati sui principali network musicali e hanno avuto ottimi riscontri da parte della critica. Pensi a chissà che diavolo s’inventerà stavolta e invece ti tira fuori un piccolo capolavoro di semplicità come Quello che, perfetta sintesi dello spirito che percorre l'intero album.