martedì 28 febbraio 2012

Marquez - Figlio del diavolo [Autoproduzione]

La notizia è che questo Figlio del diavolo è piuttosto alternativo: non veste Prada, ama la chitarra elettrica e il basso sincopato, cela una passione per l’indie-rock inglese sotto ruvidi riff dal sapore retrò e si sballa con l’incedere ritmico e ossessivo delle percussioni. Se aggiungiamo che ha un animo sofisticato e romantico più che tenebroso, dorme poco e non riempie le pagine delle solite banalità, comprendiamo come il terzo full-lenght dei Marquez abbia in realtà ben poco di blasfemo, anche se non disdegna vorticose discese in universi armonici non meglio identificati. Il confronto con la solitudine artistica del suo autore, Andrea Comandini, sta alla base di un lavoro per certi versi dicotomico, in cui liriche e arrangiamenti sono un ipnotico gioco di contrasti tra atmosfere terrene pervase da suggestioni oniriche, enfatizzate in alcuni passaggi dalla ripetitività di ritmi e versi, come in una sorta di mantra che si dilata su avvolgenti tappeti di tastiere. La formula funziona: dodici tracce che scivolano senza cali di tensione, che annoverano gemme come Firenze in marzo e Meno male che non dormo quasi mai, anche se alcune scelte stilistiche non brillano per originalità ammiccando a un certo alternative-rock a metà strada fra Afterhours e Teatro degli orrori.