“Le dieci tracce che compongono Generi di conforto hanno a mio parere la stessa caratteristica del cioccolato, delle sigarette, di un fuoco o di un abbraccio. E poi vuoi mettere, ora ho una risposta alla solita domanda: ma che genere fai? Di conforto!” Così il songwriter meneghino presenta la sua ultima fatica, la terza da solista dopo La Spina (2004) e Milanobabilonia (2007), in modo un po’ sbarazzino ma efficace per introdurci a una dimensione che va oltre i soliti schemi della canzone d’autore. Perché Orselli è sì un cantautore, ma questo appellativo oggi è fin troppo abusato e in effetti, ascoltando il disco, si ha l’impressione che gli calzerebbe un po’ stretto: nel corso della sua ultradecennale carriera infatti il poliedrico artista si è confrontato con molteplici stili musicali che affondano le radici nel jazz e nel blues, lambendo territori al confine con altre discipline, come il teatro ai tempi de La Compagnia dei cani sciolti. Con Generi di conforto Orselli ci consegna un album in cui rispolvera queste influenze e la sua vecchia passione per il cinema, riversandola nell’approccio compositivo: qui alle storie di vita un po' barbona, poesie di strada cariche di suggestioni, fa da contraltare una cornice scenografica d’archi ammaliante. Musica come colonna sonora ai testi, narrati da una voce inconfondibile che ricorda Tom Waits e Fred Buscaglione.
