Partiamo da una premessa: in questi tempi imbastarditi dalla crisi economica, narcotizzati dal tamtam mediatico e intorpiditi da una politica incapace di parlare chiaro alla gente, il nuovo album di Fabrizio Coppola è una ventata d’aria fresca. Waterloo, terzo full lenght del songwriter meneghino dopo La superficie delle cose (2003) e Una vita nuova (2005), è uno di quei dischi rock col blues congenito, nel senso che ti cambiano l’umore al primo ascolto. Benvenuti nel “caldo” autunno 2011. C’è di che intristirsi? Se fuori piove potete cogliere l’occasione per ascoltarvi questo bel disco, sennò c’è sempre la tv scacciapensieri. Fate voi. Con Waterloo Coppola affila le lame di una scrittura inquieta e incisiva, carica di emotività e molto ispirata. La musica qui non è il mezzo per evadere da una realtà che non ci piace, ma quello per restarci dentro con gli occhi bene aperti. Milano è la città in cui matura la consapevolezza che sì, la vita è una grande casa illuminata, ma pur sempre piena di stanze buie: è inutile barricarsi, bisogna uscire e lottare per ciò in cui si crede. Il manifesto d’apertura, La Stupidità, è un appello a evadere dalle prigioni del pregiudizio, e il vergosgnoso episodio di razzismo che si è verificato pochi giorni fa a Firenze è la conferma che canzoni come questa dovrebbero circolare di più alla radio. Temi attuali, così come quelli trattati in altre tracce che lasciano il segno, tra cui Respirare lavorare, Ancora vivo e Al suolo.
